Secondo recenti indagini di mercato sempre più italiani decidono di smettere di bere acqua in bottiglie di plastica monouso e scelgono, invece, di consumare acqua del rubinetto. Questo è un ottimo dato, anche perché l’acqua della rete idrica nazionale è mediamente molto buona e sicura.
Non tutti coloro che consumano acqua del rubinetto, però, utilizzano un sistema di filtrazione domestico perché non lo ritengono necessario o perché confusi da alcuni commenti negativi che trovano online o che sentono per passaparola.
Per rispondere a questi interrogativi e fare chiarezza abbiamo deciso di avvalerci di una voce autorevole e competente: il Professor Ingegnere Riccardo Guidetti del Dept. of Agricultural and Environmental Sciences. Production, Landscape, Agroenergy dell’Università di Milano.
A lui abbiamo rivolto le domande più frequenti che ci vengono inviate sui social network o al nostro customer service.
Professor Guidetti, il problema della plastica è oggi molto discusso: è possibile una distinzione tra “buona plastica” e “cattiva plastica” come qualcuno scrive? Se sì, quali caratteristiche le distinguono?
Il dibattito è aperto e molto acceso in diversi tavoli. Il mio parere, comunque, va nella direzione di non parlare di “buona” o “cattiva” plastica, quanto in generale di “buona” o “cattiva” gestione della plastica. La stessa plastica biodegradabile presenta non pochi lati oscuri che vengono superati da una gestione virtuosa. Mi sento di dire che in ogni caso è sempre necessario un comportamento virtuoso del consumatore che, seguendo le indicazioni del produttore o dell’autorità che presiede al raccolto del rifiuto, può trasformare un oggetto “cattivo” per l’ambiente, in un oggetto “buono”!
Com’è possibile eliminare le microplastiche con un dispositivo in plastica come la caraffe MikroPLASTIK-STOP o il filtro HYDROSMART? Non è una contraddizione?
Non direi! Si tratta di mettere a punto sistemi in grado di eliminare queste microparticelle presenti nell’acqua potabile. Diverse indagini, infatti, hanno dimostrato come le microplastiche, purtroppo, non siano solo nei mari ma anche in alcuni acquedotti destinati alla distribuzione di acqua potabile. E’ necessario, quindi filtrare l’acqua al fine di allontanare queste particelle.
Qual è il ruolo di ciascuna delle certificazioni (water Quality, CE, HACCP, ICIM, BPA Free)? Quali sono quelle più importanti per l’utente finale?
Io ritengo che tutti gli schemi certificativi aiutino ad incrementare il livello di sicurezza per l’utilizzatore finale. Coinvolgere un Ente terzo in un processo produttivo incrementa il livello di attenzione verso il prodotto. E’ difficile dire quale sia il più importante per un utente finale. Gli schemi che mettono al centro la sicurezza del consumatore sono fondamentali, ma anche gli aspetti di igiene, di rispetto del prodotto finale (si pensi, appunto ad un sistema filtrante, ad un dispositivo destinato ad avere a che fare con gli alimenti), di garanzia di una prestazione sanitaria per un paziente sono tutti importanti. L’utente finale è quello che io definisco l’ ”anello debole” in quanto raramente ha strumenti per difendersi e, quindi, deve necessariamente fidarsi del produttore. Ecco che allora le certificazioni diventano il modo che il produttore ha per dare evidenza della propria serietà, chiedendo ad una parte terza di venire a verificare la bontà dei suoi prodotti.
In che modo agiscono i diversi filtri per bloccare le sostanze indesiderate?
Esistono diversi principi a seconda della sostanza che si vuole eliminare: si va dal semplice effetto “setaccio” in grado di eliminare le particelle di dimensioni inferiori; ad un effetto elettrostatico in grado di trattenere le particelle con cariche opposte; ad effetti chimici quando sono presenti sostanze che favoriscono reazioni chimiche (legami) con sostanze presenti nel flusso.
Si può bloccare il calcare presente nell’acqua attraverso la filtrazione? Qual è il filtro Laica più adatto?
Certo, il calcare come sostanza viene trattenuto dalle resine presente nei filtri destinati all’acqua potabile. È ovvio che si deve essere consapevoli che il calcare è anche un elemento utile per l’apporto di componenti nutraceutici: è importante usare filtri “bilanciati” che siano in grado di ridurre quell’eccesso a volte presente mantenendo, però, una quantità necessaria per la salute umana. So per certo che il bilanciamento tra la quota di calcare eliminata e quella mantenuta ha sempre rappresentato uno degli obiettivi dei filtri “biflux” di Laica, che garantiscono un ottimo livello di prestazioni.
Quali sono i rischi che corriamo ingerendo le sostanze indesiderate presenti nell’acqua (microplastiche, cloro, calcare, pesticidi ed erbicidi, ecc)? Sono stati fatti studi approfonditi?
Ovviamente dobbiamo distinguere tra cloro e calcare che non hanno un impatto negativo e le altre sostanze. Malgrado l’allarme giustificato, comunque, non mi risulta che studi sistematici ed epidemiologici globali siano stati fatti: è giusto eliminare microplastiche, erbicidi e pesticidi ed altre sostanze tossiche eventualmente presenti nell’acqua di casa, ma nel caso delle società più evolute, le autorità di controllo garantiscono il livello di potabilità necessario emanando opportuni allarmi se necessari. Un discorso a parte meritano quelle situazioni dove tali concentrazioni possono causare danni alla salute a seguito di incidenti o anomali concentrazioni di tali sostanze: ancora una volta si deve prestare attenzione alle autorità ed adottare gli opportuni dispositivi (filtri o altri sistemi) per specifici impieghi.
Quali rischi corriamo utilizzando un filtro oltre la durata dichiarata dall’azienda?
Ogni dispositivo è il risultato di studi, di analisi, di prove e di test che sono registrati attentamente nel Fascicolo tecnico di prodotto. A queste prove concorrono professionisti sia interni alla azienda, sia esterni (Laboratori accreditati). Se questo processo identifica dei limiti di impiego per un dispositivo tipo un filtro, ritengo sia necessario rispettare queste indicazioni. I filtri non sono oggetti che hanno capacità infinite: se il produttore indica dei limiti ritengo debbano essere rispettati in quanto stabiliti alla luce di prove specifiche. D’altra parte, piacerebbe a tutti, ed ai produttori per primi, non dover indicare valori limiti di riferimento; se ci sono è perché sono necessari.
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