Cosa sono le microplastiche: il punto della Scienza sulla salute

Negli ultimi anni la grande diffusione dell’inquinamento da microplastiche è cresciuta esponenzialmente. Nonostante questo, a livello scientifico sono ancora poche le ricerche che valutano i potenziali risvolti negativi di questo fenomeno sull’ambiente e sulla salute dell’uomo. Parlare di microplastiche, per certi versi, può sembrare come parlare di un nemico poco conosciuto e che si scopre per la prima volta.

Cosa sono le microplastiche

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Vengono definite microplastiche tutte le particelle di materiale plastico inferiori ai 5mm. Le microplastiche vengono definite primarie e secondarie¹.

Microplastiche primarie sono quelle che sono prodotte volontariamente a livello industriale e che vengono utilizzate in prodotti come saponi, shampoo, detersivi e dentifrici. Il loro impiego aumenta le caratteristiche del prodotto sotto il profilo dell’abrasione: ad esempio, i “granuli” dei dentifrici o nei saponi per la pelle.

Microplastiche secondarie sono invece quelle che vengono create involontariamente in seguito a fenomeni di rottura o logoramento dell’oggetto di plastica principale (ad esempio, un sacchetto della spesa o un piatto monouso). La creazione di microplastiche secondarie può avvenire a causa di fenomeni naturali come il movimento delle onde di mari e oceani, i raggi del sole, il vento, ma anche per l’azione di microbi. Infine, la loro creazione può essere dovuta anche all’attrito degli pneumatici sull’asfalto o a seguito del lavaggio di indumenti sintetici in lavatrice.

L’allarme degli scienziati

Il mondo della scienza è unanime nel ritenere che l’uomo ingerisca o inali frammenti di microplastica attraverso gli alimenti consumati, l’acqua potabile bevuta e l’aria respirata.

All’inizio del 2021 una ricerca² pubblicata su Science e condotta dalla professoressa Juliette Legler (Istituto di scienze per la valutazione del rischio – Dipartimento di Scienze della Salute della Popolazione dell’Università di Utrecht) e dal professor Dick Vethaak (Dipartimento Ambiente e Salute dell’Università di Amsterdam e del Dipartimento Sistemi Marini e Costieri di Deltares, Istituto olandese di ricerca applicata nel campo di acque e substrati) ha evidenziato quanto sia necessario studiare questo fenomeno in maniera approfondita.

Una volta entrate nel corpo o venute in contatto con esso, le microplastiche potrebbero influire con i vari organi e causare reazioni differenti, ancora poco studiate nel dettaglio, secondo il team di ricerca. Potrebbero essere reazioni infiammatorie e immunitarie.

“Le microplastiche sono ormai ovunque. Ne siamo avvolti come da una nuvola. Ogni giorno se ne creano di più e saranno con noi per secoli. Il problema è che al momento non sappiamo quali siano i livelli di concentrazione”, ha sottolineato il professor Vethaak.

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Il rischio di conseguenze sull’uomo date dell’assorbimento di microplastiche ad oggi viene calcolato come basso, ma la “bassa percentuale di assorbimento di particelle non è necessariamente irrilevante se si considera l’esposizione per tutta la vita e a causa del possibile accumulo nei tessuti e negli organi“.

Gli studiosi tendono a sottolineare come le microplastiche possano essere portatrici esse stesse di agenti patogeni, microrganismi come virus, che ad oggi sono poco considerati.
Inoltre, pur considerando microplastiche tutti i frammenti inferiori ai cinque millimetri, lo studio mette in luce l’importanza di indagare soprattutto la diffusione e le conseguenze delle nanoplastiche, frammenti inferiori a 1µm.

Nuova ricerca sulle conseguenze polmonari

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Quasi a risposta di questo allarme lanciato dai professori Vethaak e Legler, un team di ricercatori della Florida State University ha pubblicato a riguardo un nuovo studio³ su Chemical Resarch in Toxicology che approfondisce i possibili danni creati ai polmoni dai micro-frammenti di plastica inalati e ingeriti.

Tra i dati registrati emerge un’evidente alterazione da parte di quelle cellule che sono rimaste esposte al “contatto” con le microplastiche anche solo per pochi giorni. È giusto sottolineare che al momento non si parla di morte cellulare, ma “solamente” di significative e importanti alterazioni.

La ricerca è stata condotta esponendo cellule polmonari in una capsula di Petri a quantità di polistirene (il comune polistirolo). Si è scelto questo elemento proprio per la sua grande diffusione nei prodotti che usiamo tutti i giorni e, di conseguenza, come uno dei materiali plastici più inquinanti per l’ambiente.

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Pochi giorni dopo l’inizio dell’esperimento la cellula polmonare aveva drasticamente modificato la sua forma. Non solo, gli scienziati hanno registrato un forte rallentamento nei processi metabolici della cellula stessa e l’inibizione della sua proliferazione.

Ciò che più ha colpito gli studiosi è stato vedere come i micro-frammenti di polistirolo creassero una “barriera” tutto intorno al nucleo della cellula. Una sorta di anello, un cerchio.

“Le microplastiche non hanno ucciso le cellule, ma sicuramente quest’ultime non agivano normalmente”. La professoressa Qing-Xiang Sang ha specificato che “Le materie plastiche sono materiali molto utili per la vita quotidiana. Sono indispensabili, ma come esseri umani vogliamo vivere una vita sana; quindi dobbiamo pensare a modi per ridurre al minimo i potenziali effetti negativi della plastica”.

Il documento presentato dal team della Florida State University sottolinea lo stesso messaggio dei professori Legler e Vethaak: siamo solo all’inizio di questa indagine sulle conseguenze per la salute dell’uomo da parte delle microplastiche. Le preoccupazioni sono molte e si pensa possano esserci correlazioni importanti anche con i disturbi respiratori più gravi come polmoniti, asma, cancro ai polmoni, fibrosi e la scienza deve continuare ad indagare. La ricerca deve proseguire.

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Bibliografia
1 – Microplastiche primarie e secondarie, Ufficio Federale dell’ambiente UFAM
2 – Microplastics and human health, Science
3 – Exposure of Human Lung Cells to Polystyrene Microplastics Significantly Retards Cell Proliferation and Triggers Morphological Changes, ACS Publications

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