Il problema della siccità è una questione che interessa l’Italia da diversi anni. Ovviamente se ne parla molto durante la stagione estiva, ma a causa di un inverno appena trascorso eccezionalmente caldo, il tema è (ed è stato) molto dibattuto anche negli ultimi mesi. Inoltre, con l’arrivo in anticipo della primavera e le prime giornate “calde”, l’emergenza siccità ha generato già alcune discussioni sui possibili scenari che potrebbero riguardare l’estate che sta per arrivare.
Qual è dunque la situazione attuale? Quali sono i volumi e i confini di questa emergenza che riguarda la nostra penisola? Cosa ci dobbiamo aspettare nei prossimi mesi?
Una prima fotografia del quadro corrente può arrivare attraverso l’incrocio dei dati dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ARPA Lombardia) e i dati dei gestori dei laghi lombardi. Legambiente Lombardia, infatti, ha evidenziato come la condizione di siccità del 2023 non sia tanto diversa dalla situazione complicata (a tratti drammatica) vissuta nell’anno precedente. Anzi, per certi aspetti è peggiore.
Il livello dei laghi del settentrione è al momento ai minimi storici (eccezione solo per il Lago Maggiore). Il fenomeno più tangibile forse è proprio quello del Lago di Garda che registra ormai da mesi, anche durante il periodo invernale, un livello ben al di sotto della soglia prevista per il periodo, dando vita a insoliti “paesaggi lunari” e zona di secca che hanno permesso di raggiungere a piedi alcune isole.
Ma, come dicevamo, l’allarme siccità della Lombardia è solo una piccola parte dell’emergenza che viene affrontata in quasi tutta Italia. Dal Piemonte alla Sicilia, dalla Sardegna all’Abruzzo, la problematica è sul tavolo di sindaci e governatori di regione. Ad esempio, la Regione Veneto e la Provincia di Trento hanno stretto da poco un accordo per una gestione più efficiente delle risorse idriche provenienti dal fiume Adige che per entrambi i territori è un corso d’acqua vitale. Un’intesa che, nel piccolo, evidenzia come la crisi-siccità possa essere affrontata solo attraverso uno sforzo comune, nazionale ed europeo.
L’ultimo inverno ha piovuto (e nevicato) poco e ha fatto caldo. Lo abbiamo visto e sentito, ma non sono state solo impressioni. Lo confermano anche i dati dell’Istituto di Ricerca sulle Acque del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IRSA-CNR): l’inverno 2022-23 ha fatto segnare una temperatura superiore di 1,21 gradi rispetto alla media storica (con un picco di 1,38 gradi nelle regioni del nord Italia).
Se nel 2022 le precipitazioni erano calate di circa il 30%, anche l’inverno appena trascorso ha visto volumi di pioggia caduta in media con quelli dell’intera annata. Se aggiungiamo anche il grande caldo dell'estate 2022, il tutto si traduce in uno scarso potenziale idrico stoccato sotto forma di neve e ghiaccio sia sulle Alpi, sia sugli Appennini.
Coldiretti evidenzia inoltre che molte aziende agricole, a causa della persistente condizione di siccità che si protrae a fasi alterna da diverso tempo, si stanno convertendo dal mais e riso alla soia e al frumento. Come si può facilmente dedurre, questa scelta ha ricadute dirette sui prezzi e sulla distribuzione delle prime due materie nella piccola e grande distribuzione.
Un altro fenomeno di questa situazione di straordinaria siccità risiede anche nell’evento parallelo dell’innalzamento dei mari. La conseguenza diretta di questo abbinamento di fatti è che, anno dopo anno, l’acqua salata filtra nell’entroterra e brucia letteralmente lo spazio per le coltivazioni, portando aziende agricole e attività lavorative ad abbandonare le zone colpite. Infine, come ricorda Coldiretti Toscana nel report Città Clima 2022 - è giusto ricordare anche l'aumento di eventi meteo estremi: nubifragi, grandinate, “bombe d’acqua” e anomale raffiche di vento hanno inciso in molti comparti dell’agricoltura (toscana, nel caso del report citato), causando un 10% di raccolti persi per circa 260 milioni di danni dati dalla siccità.
Abbiamo preso in esame alcuni casi specifici del fenomeno siccità in Italia, ma ribadiamo ancora una volta che la mancanza di acqua riguarda gran parte del territorio italiano. Un paese che, pur essendo “assetato”, non può nemmeno dichiararsi virtuoso nella gestione.
L’Italia preleva ogni anno circa 9,2 miliardi di metri cubi di acqua per uso potabile (Istat). È il volume più grande in Europa. Per dare un dato, il fiume Po, anch’esso ai minimi storici in questo momento, rappresenta il 30,5% dell’acqua prelevata. Eppure, ben il 42,2% dell’acqua immessa in rete per arrivare nelle nostre case o aziende viene persa. Numeri disastrosi purtroppo in linea con il report 2019-2021 dove già si evidenziava la perdita di oltre un terzo dell’acqua immessa negli acquedotti.
E se fuori casa la gestione regionale (comunale o statale) degli acquedotti potrebbe essere migliorata, anche dentro casa le cose non vanno tanto meglio. Gli italiani sono tendenzialmente “spreconi” e poco attenti quando si parla di acqua potabile: a fronte di una media europea pro-capite di 165 litri giornalieri, il consumo italiano sale a 220 litri e la consapevolezza dell’importanza di essere più oculati nella gestione del patrimonio di acqua potabile è presente solo in un italiano su due. (dati Ipsos)
Inoltre, dalle varie indagini, emerge che il 28,5% delle famiglie intervistate dichiara di non fidarsi del consumo di acqua del rubinetto per curare la propria idratazione quotidiana. Ed è uno sbaglio, l'acqua del rubinetto è invece sicura: come abbiamo spesso visto negli articoli di questo blog, l’acqua che arriva ai rubinetti di casa nostra è di grande qualità.
Secondo le prime previsioni del Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare, l'estate 2023 dovrebbe essere più calda del normale (prendendo in considerazione la media storica), con temperature massime che potrebbero superare i 35 gradi Celsius in molte zone del Paese.
Il rischio siccità è (quasi) una certezza, sia perché appunto fiumi come il Po sono già in sofferenza in questo momento dell’anno (-61% rispetto alla media), sia perché anche la situazione monitorata delle falde sotterranee non fa ben sperare. Molti contadini – secondo Coldiretti – sceglieranno di non seminare per non rischiare di perdere gran parte del raccolto, sia per la mancanza d’acqua, sia per la probabilità di eventi meteo violenti.
Il punto che deve però essere chiaro è questo: invertire la rotta è possibile.
Il cambiamento sarà più forte e importante solo attraverso un’azione corale. Giovani e adulti, privati e imprese, tutti dovranno trovare un punto di incontro per la creazione di un piano di sviluppo adeguato che punti a ridurre gli sprechi di acqua ed energia. Che punti a voler bene all’ambiente. A proteggerlo. A salvaguardarlo. Anche da noi stessi.